KUROI – INTERVISTA AD ALICE PELLE

Nel volume illustrato Note di Viola hai dato voce alle emozioni della protagonista scrivendo le parti musicali che lei esegue con vari strumenti. Ci parli del processo creativo che accompagna i tuoi progetti?

Ho seguito il percorso di tutte le mie “creazioni” o almeno della maggior parte di esse. Nasce tutto da un input, spesso inaspettato, visivo, o più ampiamente sensoriale o emotivo, una curiosità, un colore, una forma, una parola, una sensazione, il ventaglio è davvero ampio! Qualcosa cattura la mia attenzione e si ferma silenziosamente dentro di me. La magia, la definisco in tal modo perché ancora non ne capisco esattamente la fonte, fa sì che l’elemento “stimolante” si trasformi in suono, fosse anche una piccola sequenza di note. Le lascio depositare e poi dopo tempo, giorni, a volte settimane, ci ritorno, le riprendo, aggiungendo e ancora aggiungendo e infine togliendo. La cura spesso la individuo soprattutto nel “togliere”. Come nella creazione/trasformazione da un marmo, un legno.

L’album di Alice Pelle che hai amato di più, quello che racchiude più realizzazioni.

Ottima domanda. Vorrei tanto tediare con righe e righe e parole… ma non è questo il luogo! Ho fatto due dischi sinora, Camera, autoprodotto, e Little Dream per la Suono Records, più il terzo “disco che non voleva mai uscire” ed il quarto “disco che aspettava che uscisse il terzo”. Il terzo disco è pressocché finito ma ha avuto una storia a dir poco travagliata, il quarto è a buon punto. Continuo a scrivere a volte tanto, a volte meno avendo difficoltà a collocare la forma album ora. Guardo e tocco i vinili quasi lascivamente e penso a come sia difficile veicolare e proporre più canzoni che vogliano raccontare qualcosa, non necessariamente nella forma “concept”, fosse anche solo percorrendo quel filo emotivo o sonoro che ti faceva ascoltare un LP o un Cd dall’inizio alla fine. Quindi la risposta definitiva è.. ho amato tutti gli album che ho creato, editi e non editi, malgrado i cambiamenti strutturali della forma disco!

Un artista con cui vorresti collaborare?

Ehhh… tanti. Ma tanti tanti. Il mio sogno da sempre era di poter lavorare con George Martin, gli scrissi anche qualche anno fa, ma la mail segnalata sul suo sito non faceva altro che tornare indietro! Ma sono dell’opinione che conoscere i propri “eroi” possa anche essere deludente per certi versi ed forse è meglio lasciarli lì dove sono, nell’immaginario perfetto dove non vi sono aspettative. Amo collaborare e soprattutto in maniera trasversale, senza avere il limite del mondo “d’appartenenza” e amo imparare, scoprire, confrontarmi. Del resto anche la nostra collaborazione è nata così!

Un romanzo che hai amato particolarmente.

È difficile. Molti. Ma andando a stringere c’è un solo libro che ho letto più volte: 1984.

Che musica stai suonando in questo momento?

Mi sto ricimentando a suonare il terzo movimento della Sonata conosciuta come Chiaro di Luna di Beethoven, si sentiva spesso suonata da Schroeder nei fumetti animati dei Peanuts. Ma non ho Lucy che mi guarda con gli occhi a cuore facendo voli fantasiosi sul futuro assieme.

La playlist del weekend: non potevamo non chiederlo a te! Tre consigli musicali ai lettori…

Per iniziare propongo un duo di fanciulle le Kitchen Machine con La Sposa, un brano veramente toccante che racconta in modo apparentemente delicato e chiaro qualcosa di orribile.

Proseguo con un artista che ho conosciuto da poco, Mirko Dettori, al suo primo lavoro originale, davvero ben fatto e soprattutto spensierato e godibile! L’unica traccia che ho trovato per l’ascolto sul web lo vede in duo con Her : Il giardino delle torture.

Per il brano che conclude idealmente il weekend ho lungamente tentennato tra Hiromi Uehara e Aziza Mustafa Zadeh, entrambe meravigliose musiciste, ma infine ho ceduto ad una mia passione storica, i Porcupine Tree, con un brano che racchiude tanto del loro percorso musicale, Blackest eyes.

 

– Varla –

 

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