LA RAGAZZA DEL SECOLO di Marta Ricci
LA RAGAZZA DEL SECOLO (IT SHOULD HAPPEN TO YOU)
1954 – USA – REGIA DI GEORGE CUKOR
La ragazza del secolo (It should happen to you) vede protagonisti la stella Judy Holliday e un esordiente Jack Lemmon.
Il film, ambientato a New York, racconta l’evoluzione dell’idea di Gladys Glover (Judy Holliday), giovane e bella ragazza disoccupata che, decisa a diventare famosa e a non tornare nella cittadina d’origine, acquista con tutti i suoi risparmi un cartellone pubblicitario che svetta su una delle strade più frequentate della città, in cui fa scrivere solo il proprio nome a caratteri cubitali. Silenziosamente accanto a lei, timido, imbranato e innamorato, il vicino di casa Pete Sheppard (Jack Lemmon), che cerca di metterla in guardia dall’improvvisa ed effimera notorietà.
Il film si basa in modo principale sulla protagonista femminile, una strepitosa Judy Holliday che riesce a essere pungente e sarcastica, soprattutto nella prima parte del film, incarnando perfettamente il piccolo sogno americano della ragazza di provincia senza particolare talento, dotata solo della bellezza con cui vuole diventare famosa e ci riesce, grazie proprio all’idea che suscita curiosità e attenzione da parte della gente. Quella stessa gente che vedendola firmare autografi, diventa una folla, pur non sapendo di chi si tratti.
Ma il personaggio chiave resta “l’imbranato” Jack Lemmon, che in questo primo film dimostra una maturità di attore già presente e conquista con la sua mimica unica, che gli hanno consentito di diventare una vera star hollywoodiana. Imbranato semplicemente perché timido e riservato, ma al tempo stesso con i piedi ben saldi a terra. Proprio lui mette in guardia Gladys/Judy dai pericoli di questo vacuo boom nel mondo effimero della pubblicità, proprio lui con simpatia e sarcasmo riesce a strapparci risate, quel sorriso dolce-amaro che fa ridere e al contempo riflettere. Proprio lui si contrappone alla protagonista nel suo lavorare duramente per arrivare a costruire qualcosa di buono, tangibile e sicuro. Gladys è presa dal mondo della pubblicità e in questo il film è abbastanza lungimirante, diventa una influencer senza saperlo, un personaggio che gode di fama e riesce ad avere una rapida ascesa senza aver fatto nulla di speciale. Si mette in mostra in modo ingenuo e sprovveduto ma con una grande faccia tosta, decisa ad avere il suo momento di celebrità basato sul nulla. Senza particolari doti si ritrova a bere champagne e prendere parte a bellissime feste.
Cukor esalta le emozioni in modo brillante, tenero e poetico: Lemmon è un talentuoso documentarista con i piedi ben saldi a terra che guida e ama la Glover segretamente, non tanto per lo spettatore del film a cui è chiaro fin da subito, quanto per la protagonista un po’ svampita, che non lo intuisce o sembra di non volerlo capire, troppo presa dal mondo superficiale della pubblicità e dal suo momento di gloria; l’egoismo e il carattere infantile non le permettono di vedere la bellezza dell’imbranato ma lasciano che sia lui il grillo parlante dell’anima. La semplicità e la pragmaticità del protagonista vengono espresse appieno quando Gladys Glover lo avvisa all’ultimo minuto che non potrà andare a cena con lui come promesso e Lemmon esprime il suo candido disappunto solamente con la frase: “peccato, mi ero anche lavato i capelli per l’occasione”. Jack Lemmon/Pete Sheppard avrà il suo riscatto solo nelle scene finali, così come avverrà nei film di Wilder (L’Appartamento su tutti), quando Gladys capirà, durante l’ennesimo assurdo servizio fotografico, l’importanza della normalità e la bellezza delle piccole cose. Come non innamorarsi di lui? Il ragazzo non belloccio da copertina, ma bello nella sua semplicità, gradevole e simpatico, sempre pronto a consigliarla nel migliore dei modi ed a porgerle una spalla. Gli imbranati non sono altro che gli uomini perfettamente normali, i quali hanno capito che tutte vogliamo essere un po’ Gladys Glover e sentirci qualcuno, almeno una volta nella vita, per poi ammettere a noi stesse che l’importante è solo essere qualcuno per quel “qualcuno” di speciale. Meglio tardi che mai.
Marta Ricci