Come festeggiare il Natale in Giappone
Il Giappone, si sa, è una terra tanto affascinante quanto lontana culturalmente e geograficamente da noi occidentali.
Eppure, se in questo periodo avete in programma un viaggio per il Sol Levante, scoprirete che la magia del Natale è giunta fino a lì, con alberi, luci colorate e addobbi in tema sparsi tra le vie delle città.
Diversi gruppi musicali sono sempre pronti a creare e reinventare a piacimento le classiche canzoncine natalizie, i negozi vengono presi d’assalto grazie alla vendita di gadget a tema e gli spot pubblicitari incitano a passare la notte del 24 Dicembre mangiando pollo fritto e torte decorate a regola d’arte. Milioni di persone, del posto e turisti, si riversano nei centri tipici dell’arcipelago per ammirare le luminarie e scattare foto: si formano inevitabili code molto lunghe ai ristoranti per assaporare quella che per loro è diventata una cena di tradizione, seppure importata, ma assolutamente da non perdere.
Insomma, il Natale per i giapponesi sembrerebbe quella che in genere viene definita “una trovata commerciale” reinterpretata secondo la loro visione; nello sfavillio materiale, però, sanno riscoprire i valori dell’amore e del romanticismo, incontrandosi e regalando doni a coloro che hanno di più caro.
Come gli occidentali sono affascinati dagli orientali, così è anche viceversa. In Giappone il Natale non è una festa nazionale, né tantomeno religiosa: non assumerà mai il significato che può avere in altri paesi. Potrebbe essere un modo come un altro per divertirsi, di sicuro loro sanno sempre come attirare l’attenzione e come conquistare i viaggiatori che approfittano delle vacanze per svagarsi lontano da casa.
Molto più sentito è invece il Capodanno: il luogo più adatto per festeggiarlo è il tempio buddhista, a cui ci si reca per pregare, nella speranza di un anno migliore. A mezzanotte, la campana di tutti i templi fa 108 rintocchi, uno per ogni peccato umano, per liberare la popolazione dai desideri materiali e ambire alla vera felicità. Si puliscono le case, si estinguono i debiti e si indossa qualcosa di nuovo. Tutto, pur di accogliere l’anno successivo dignitosamente. Anche in questa occasione, le strade vengono invase dalle persone, che attendono insieme la fine del fatidico countdown per scambiarsi gli auguri e festeggiare fino a tarda ora.
Religione e cultura spesso dividono popoli interi. Ma quando c’è aria di festa è forte il desiderio di stare in compagnia, che sia nel chiasso di una piazza o nel focolare intimo di una famiglia.
Mehri Kurisumasu (メリー クリスマス – Buon Natale) a tutti i lettori della Bakemono Lab!
Tiziana Valentino
LA RAGAZZA DEL SECOLO (IT SHOULD HAPPEN TO YOU)
1954 – USA – REGIA DI GEORGE CUKOR
La ragazza del secolo (It should happen to you) vede protagonisti la stella Judy Holliday e un esordiente Jack Lemmon.
Il film, ambientato a New York, racconta l’evoluzione dell’idea di Gladys Glover (Judy Holliday), giovane e bella ragazza disoccupata che, decisa a diventare famosa e a non tornare nella cittadina d’origine, acquista con tutti i suoi risparmi un cartellone pubblicitario che svetta su una delle strade più frequentate della città, in cui fa scrivere solo il proprio nome a caratteri cubitali. Silenziosamente accanto a lei, timido, imbranato e innamorato, il vicino di casa Pete Sheppard (Jack Lemmon), che cerca di metterla in guardia dall’improvvisa ed effimera notorietà.
Il film si basa in modo principale sulla protagonista femminile, una strepitosa Judy Holliday che riesce a essere pungente e sarcastica, soprattutto nella prima parte del film, incarnando perfettamente il piccolo sogno americano della ragazza di provincia senza particolare talento, dotata solo della bellezza con cui vuole diventare famosa e ci riesce, grazie proprio all’idea che suscita curiosità e attenzione da parte della gente. Quella stessa gente che vedendola firmare autografi, diventa una folla, pur non sapendo di chi si tratti.
Ma il personaggio chiave resta “l’imbranato” Jack Lemmon, che in questo primo film dimostra una maturità di attore già presente e conquista con la sua mimica unica, che gli hanno consentito di diventare una vera star hollywoodiana. Imbranato semplicemente perché timido e riservato, ma al tempo stesso con i piedi ben saldi a terra. Proprio lui mette in guardia Gladys/Judy dai pericoli di questo vacuo boom nel mondo effimero della pubblicità, proprio lui con simpatia e sarcasmo riesce a strapparci risate, quel sorriso dolce-amaro che fa ridere e al contempo riflettere. Proprio lui si contrappone alla protagonista nel suo lavorare duramente per arrivare a costruire qualcosa di buono, tangibile e sicuro. Gladys è presa dal mondo della pubblicità e in questo il film è abbastanza lungimirante, diventa una influencer senza saperlo, un personaggio che gode di fama e riesce ad avere una rapida ascesa senza aver fatto nulla di speciale. Si mette in mostra in modo ingenuo e sprovveduto ma con una grande faccia tosta, decisa ad avere il suo momento di celebrità basato sul nulla. Senza particolari doti si ritrova a bere champagne e prendere parte a bellissime feste.
Cukor esalta le emozioni in modo brillante, tenero e poetico: Lemmon è un talentuoso documentarista con i piedi ben saldi a terra che guida e ama la Glover segretamente, non tanto per lo spettatore del film a cui è chiaro fin da subito, quanto per la protagonista un po’ svampita, che non lo intuisce o sembra di non volerlo capire, troppo presa dal mondo superficiale della pubblicità e dal suo momento di gloria; l’egoismo e il carattere infantile non le permettono di vedere la bellezza dell’imbranato ma lasciano che sia lui il grillo parlante dell’anima. La semplicità e la pragmaticità del protagonista vengono espresse appieno quando Gladys Glover lo avvisa all’ultimo minuto che non potrà andare a cena con lui come promesso e Lemmon esprime il suo candido disappunto solamente con la frase: “peccato, mi ero anche lavato i capelli per l’occasione”. Jack Lemmon/Pete Sheppard avrà il suo riscatto solo nelle scene finali, così come avverrà nei film di Wilder (L’Appartamento su tutti), quando Gladys capirà, durante l’ennesimo assurdo servizio fotografico, l’importanza della normalità e la bellezza delle piccole cose. Come non innamorarsi di lui? Il ragazzo non belloccio da copertina, ma bello nella sua semplicità, gradevole e simpatico, sempre pronto a consigliarla nel migliore dei modi ed a porgerle una spalla. Gli imbranati non sono altro che gli uomini perfettamente normali, i quali hanno capito che tutte vogliamo essere un po’ Gladys Glover e sentirci qualcuno, almeno una volta nella vita, per poi ammettere a noi stesse che l’importante è solo essere qualcuno per quel “qualcuno” di speciale. Meglio tardi che mai.
Marta Ricci
In un vecchio appartamento c’è una stanza sempre chiusa. Lì Giovanni Corvi ha stipato i quadri dipinti nel corso di una vita, insieme ai ricordi, ai mostri, ai fantasmi. Anni dopo Matteo, suo nipote, decide di affrontare le sue paure all’interno della stanza e viene catapultato in una realtà parallela. Qui incontra Viola, una ragazza malinconica che passa le sue giornate immersa nei libri con la certezza di dover incontrare qualcuno. Qualcuno che cambierà la sua vita.
Di là dall’oscurità e nel tempo è il nuovo romanzo di Marco Mancinelli targato Bakemono Lab. Il volume fa parte di Yokai, la collana di narrativa gotica dedicata ai fantasmi e ai non luoghi, dove la realtà attinge il suo spessore dagli incubi, in un continuo rimando tra passato e presente. Abbiamo raccolto in questo articolo tre brani letti dall’autore che svelano alcuni momenti suggestivi della storia. Per ascoltarli basta cliccare sul titolo:
Il libro verrà presentato in anteprima a Più Libri Più Liberi, la fiera nazionale della Piccola e Media Editoria (6-10 dicembre, La Nuvola, Eur). Potete prenotarlo qui usufruendo dello sconto anteprima.
“Questa è la mia storia. Ed è anche la storia di Viola.
Uno di noi due forse non esiste.
Io non ho ancora capito chi è.”
Guida ai fantasmi del Giappone
Paura. Sensazione universale, emozione insita in ogni creatura vivente.
C’è chi dal terrore fugge e chi, invece, lo ricerca nell’arte, nella cinematografia o nella lettura.
Quando è “paura” la parola d’ordine non si può non citare il Giappone, paese con un folklore ricco di leggende terrificanti e aventi come protagonisti i fantasmi.
Si chiamano Yurei: anime evanescenti dei defunti trattenute nel mondo terreno, incapaci di passare oltre e raggiungere l’aldilà.
Questa condizione può essere provocata da molteplici fattori: morte violenta e forte legame con i vivi sono tra i principali. Un evento drammatico o un desiderio intenso, infatti, diventano l’ossessione del fantasma, che trascende e si manifesta in cerca di vendetta.
Persone, luoghi e addirittura oggetti possono venire infestati da queste entità e solo un rituale funebre curato o la risoluzione di un conflitto emotivo possono far trovare allo spirito la pace.
Esistono diverse tipologie di Yurei:
Ikiryo Spiriti di anime viventi che si allontanano dal loro corpo per perseguitare i nemici o stare accanto ai cari quando la propria morte è vicina. Non sono, pertanto, fantasmi esclusivamente vendicativi. Si dice abbia origini molto antiche e che possa manifestarsi sotto forma di fuoco fatuo. Nei secoli l’Ikiryo è stato associato alla rikonbyo: la malattia da separazione dell’anima.
Gaki
Il Gaki ha origine dalla cultura buddhista e rappresenta il fantasma di una persona morta perseguendo i propri vizi e rinata in una condizione inferiore a quella animale. Questi spiriti hanno un aspetto ripugnante, caratterizzato in genere da una bocca piccola e il ventre grande. Sono condannati all’insaziabilità eterna, che sia essa di cibo o oggetti. Vagano invisibili sulla terra, talvolta tormentando qualche malcapitato.
Letteralmente “fantasmi delle navi”, i Funayurei sono marinai periti in mare che si avvicinano alle navi e le fanno affondare. Le leggende narrano che siano gli stessi vivi a provocare, inconsapevolmente, la propria morte, offrendo allo spirito un mestolo con cui esso riversa l’acqua del mare sull’imbarcazione.
Zashiki-Warashi
Anche i bambini possono diventare yurei. Al contrario di altri fantasmi, questi vengono considerati positivi, riuscire ad attirarli nella propria dimora può portare fortuna e prosperità. Gli Zashiki-warashi hanno un’indole infantile, giocano e architettano burle e scherzi per le persone che li ospitano.
Possono essere di entrambi i generi, hanno i capelli raccolti e il volto livido.
Onryo
Le Onryo hanno lunghi capelli neri e il volto pallido e sono generalmente vestite con il kimono bianco delle funzioni funerarie.
Ubume
Altri fantasmi dall’aspetto femminile sono gli ubume, madri morte durante il parto e ignare del destino dei propri figli. L’amore le spinge a rimanere nel nostro mondo e a cercare i loro bambini per aiutarli e fare doni.
Fantasmi vendicativi, appartenenti all’aristocrazia, traditi dai propri servitori o per segreti intrighi e martirizzati. Secondo le leggende, i Goryo sono così potenti da essere in grado di scatenare a loro piacimento i fenomeni atmosferici, colpendo le colture e causando terremoti e incendi. Secondo la tradizione, l’unico modo per placarli è l’intervento di uno Yamabushi, monaco asceta in grado di compiere i riti necessari.
Oltre al folklore e alle leggende, le storie dei fantasmi sono presenti anche nella quotidianità dei giapponesi. La cultura contemporanea, infatti, offre prodotti quali manga, anime, film e videogiochi con una forte componente sovrannaturale.
Sia nella vita che nella morte, il Giappone è alla continua ricerca di emozioni intense, non per cavalcarle ma per riconoscerle e moderarle; solo così si può essere premiati con il riposo eterno.
Letture consigliate:
“Storie di fantasmi giapponesi” di Yakumo Koizuki
“Enciclopedia degli spiriti giapponesi” di Shigeru Mizuki
“La paura in Giappone” di Marta Berzieri
Tiziana Valentino